8° EDIZIONE FESTIVAL DEL GIORNALISMO CULTURALE

SCIENZA, CULTURA
Passato, presente.
Lentezza, velocità.

Ottobre 2020

I report di Sistema Critico_Come narrare la storia

2018-11-20 0

La seconda giornata del Festival del giornalismo culturale si apre con la lectio magistralis dello storico Emilio Gentile, tutta imperniata sull’importanza dell’immagine nella narrazione storica: le cartoline stampate dal regime fascista nel periodo della guerra in Etiopia e le monete coniate per celebrare la marcia su Roma, in cui il simbolo del partito fascista imprigionava tra i due fasci la nazione, sono alcuni degli esempi proposti per sostenere una tesi di fondo: l’apparato figurativo ha un’importanza cruciale in una divulgazione storica che deve obbligatoriamente divergere dalla narrazione romanzesca, bisogna raccontare oggi quello che vedevano allora. Gentile è chiaro sotto questo aspetto: è difficile, se non impossibile, approdare ad un’espressione rigorosa e al tempo stesso capace di intrattenere, non esiste una terza via tra l’approccio accademico e quello divulgativo per raccontare la Storia. Del resto gli stessi Tucidide ed Erodoto non verrebbero propriamente considerati storici: ripropongono discorsi mai pronunciati, introducono una componente fittizia nel loro racconto, in questo senso un abisso li divide dagli storici moderni: se il problema di questi ultimi è quello di selezionare tra le tante fonti, quello dello storico antico consiste nella necessità di sopperire alla carenza di fonti con l’uso della fantasia e dell’ingegno. Ecco perché c’è sempre un discrimine tra fiction e non fiction: la prima permette di immaginare e costruire una serie di scene teatrali che esaltino quelle che sono le caratteristiche peculiari dei personaggi.

Mariangela Galatea Vaglio apre il secondo incontro (intitolato “I tanti modi di raccontare la Storia”) toccando la questione dell’empatia, definita dalla scrittrice come un falso problema: non è pensabile trasmettere una qualsiasi forma di conoscenza se non coinvolgendo l’interlocutore; è una regola basilare della didattica: anche lo storico più freddo non può che scaldare il lettore, possiamo assimilare informazioni solo se sollecitati nel nostro immaginario. In questo senso lo scopo di una qualsiasi divulgazione non è quello di far apprendere mnemonicamente degli avvenimenti ma permettere che l’uditorio li faccia propri e li interiorizzi. Lo scrittore Carlo Greppi, l’altro protagonista del panel, cita Piotr Cywinski (Non c’è una fine, Bollati Boringhieri) e insiste sulla necessità di mantenere un equilibrio tra testa e cuore, proponendo l’esempio di Birkenau: il filo spinato che troviamo attualmente nel campo non è originale, lasciare il campo all’inesorabile azione del tempo significherebbe osservare un luogo incolto e per l’osservatore incomprensibile, privo di valore storico. Da un lato la Storia — prosegue Greppi citando Croce — parla solo ed esclusivamente di sé e del suo tempo, coglie gli aspetti più vicini e familiari perché ne ritrova l’eco nella contemporaneità, ma dall’altro parlare di fatti antichi ci permette di cogliere un filo rosso, una serie di problemi che si ripropongono nel corso dei secoli: la Bisanzio raccontata da Galatea Vaglio è una metropoli moderna, vive i problemi legati alla gestione degli immigrati e di un Impero che deve mantenere un assetto unitario ma non può non accogliere le richieste di indipendenza. L’obiettivo, tuttavia, è quello di evitare un vizio proprio del giornalismo culturale contemporaneo, ovvero l’interpretazione dei fatti dell’oggi attraverso l’evocazione del passato: c’è un forte rischio di strumentalizzazione, ma la storia recente (leggi: storia del Ventennio) rimane un filtro importante con cui guardare alla contemporaneità. Una parentesi viene dedicata anche al rapporto tra Storia e nuovi media: l’abilità dello storico calato nel proprio tempo è la capacità di rifarsi all’ambiente che lo circonda e tenere in considerazione gli altri media. Oggi il modo di raccontare la Storia è sempre più influenzato dalla sua frequente presenza in televisione: nonostante la necessità di uno storico di farsi capire prescinda dalla divulgazione, nei media bisogna focalizzarsi su ciò che è più importante dire e capire cosa si voglia comunicare. Trovare il modo di esprimere un concetto lo rende più chiaro: anche in questo senso la presenza della Storia in tv è un fatto positivo.

Alessandro Laloni
Sistema Critico


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