Chi è Paolo Iabichino
#GliamicidelFestival una rubrica per raccontare le personalità del Festival, i direttori, gli ospiti e i tantissimi amici che ci supportano e faranno parte della prossima edizione.
Executive Creative Director della Ogilvy & Mather, si occupa di comunicazione dal 1990 e ha scritto numerosi libri su un nuovo modo di fare comunicazione. Da dove viene Paolo Iabichino e qual è la sua storia?
Sono cresciuto dietro il bancone di un bar, e poi crescendo tra i tavolini e il forno di una pizzeria. Non ho mai avuto molto tempo per pensare a cosa volessi fare da grande, ho incontrato il demone della scrittura e l’ho messo al servizio di chi riusciva meglio a farmi sbarcare il lunario. Non posso vantare un pedigree accademico, ma solo un’ostinata vocazione per mettere a reddito l’unica cosa che sapessi fare: scrivere.
Durante questa edizione del Festival lei sarà anche Presidente di giuria del concorso per ragazzi che prevede la realizzazione di uno spot sul patrimonio culturale della Regione Marche. Cosa consiglia a un giovane che oggi vorrebbe lavorare nel settore pubblicitario?
Di rinunciare alle fascinazioni del mestiere che ancora aleggiano sulla professione. Oggi la pubblicità è un lavoro decisamente complicato, dove l’istinto creativo deve sottostare a rigidi criteri scientifici e valutazioni che nulla hanno a che fare con il genio e la sregolatezza dei primissimi tempi. L’ego del creativo si piega alle istanze di comunicazione e alle esigenze di un pubblico sempre più attento, critico e consapevole.
Lei ha coniato il termine invertising per identificare un cambiamento significativo nel mondo della comunicazione e del marketing. Secondo lei si può applicare anche alla comunicazione del patrimonio culturale?
Sì. Perché in tutti questi anni abbiamo perso ascendente e carisma e non abbiamo saputo raccontare la maestosità narrativa del nostro patrimonio culturale. Non sono tanto preoccupato di vedere il mio invertising al servizio della nostra comunicazione culturale, mi accontenterei di vedere un impegno rinnovato, una sensibilità nuova e un atteggiamento diverso da parte di chi è chiamato a pubblicizzare il nostro Paese, avendo a disposizione il più invidiato argomento di vendita del pianeta: la bellezza.
Qual è secondo lei il miglior prodotto pubblicitario realizzato negli ultimi anni e perché?
L’ultima edizione del Festival di Cannes ci ha offerto un oggetto straordinariamente importante per comprendere l’evoluzione del nostro mondo nelle prossime settimane. Un video che racconta un’installazione realizzata a New York, dove la statua di una bambina coraggiosa sfida il toro di Wall Street e raccoglie migliaia di persone intorno a sé, la maggior parte sono donne, tantissime le bambine, che si fanno fotografare vicino a lei, specchiandosi nella sua temerarietà.
Ultima domanda: ci consiglia un libro?
Mi è stato chiesto di presentare proprio alla prossima edizione del vostro Festival la mia ultima pubblicazione. Si tratta di un abbecedario dedicato proprio alla scrittura (e alla lettura) della pubblicità contemporanea. S’intitola Scripta Volant, perché si occupa dei nuovi atteggiamenti progettuali, quelli che ci costringono a rivedere il nostro scrivere, che una volta messo in rete vola via spinto dal vento di chi legge e usa la comunicazione dentro i propri palinsesti narrativi.