8° EDIZIONE FESTIVAL DEL GIORNALISMO CULTURALE

SCIENZA, CULTURA
Passato, presente.
Lentezza, velocità.

Ottobre 2020


2017-08-22 0

#GliamicidelFestival una rubrica per raccontare le personalità del Festival, i direttori, gli ospiti e i tantissimi amici che ci supportano e faranno parte della prossima edizione.

 

Archeologo, accademico e oggi Presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici del MiBACT. Qual è la storia di Giuliano Volpe?

È la storia di una persona che compie 59 anni nel giorno stesso in cui risponde a queste domande, facendo anche, come accade a tutti ad una certa età, un bilancio di risultati positivi e fallimenti, di soddisfazioni e delusioni, di gioie e amarezze. È la storia di un ragazzo di una famiglia modesta (genitori con un negozietto, unico laureato di cinque figli) in un piccolo paese del Sud, che deve tutto ad alcuni bravi professori del liceo e dell’università, che ha voluto restare (o meglio tornare) al Sud convinto che ci fosse tanto da fare, che ha percorso tutta la carriera universitaria senza essere “allievo di”, diventando ordinario a 42 anni, rettore dell’Università di Foggia a 50 e Presidente del Consiglio superiore BCP a 55 (ero nel Consiglio già da due anni in rappresentanza delle regioni e sono stato designato dal ministro Dario Franceschini, che non conoscevo prima). Non credo affatto che sia una storia particolare, ma ne vado fiero, soprattutto perché dimostra che anche in un paese chiuso, gerontocratico, poco meritocratico, con scarsa mobilità e tanti condizionamenti determinati da appartenenze (familiari, politiche, accademiche, religiose, massoniche, ecc.), c’è spazio per chi voglia impegnarsi.

Che cosa l’ha spinta verso l’archeologia e la tutela dei beni culturali, e che cosa consiglierebbe a un giovane che vorrebbe intraprendere un percorso simile al suo?

L’archeologia l’ho scoperta all’Università dove studiavo letteratura e storia antica e l’ho subito amata sia perché ho immediatamente colto le possibilità di occuparsi di storia del passato attraverso altre fonti, quelle materiali, sia perché a me più congeniale: amo studiare il passato ma essendo attivo nel presente, coniugare lo studio all’attività manuale, lavorare sul campo, essere militante. Insomma, l’archeologia e il patrimonio culturale mi offrono la possibilità di conciliare le mie due passioni: la ricerca e l’impegno civile. Ho avuto la fortuna, da studente, di partecipare a scavi importanti come quello della villa romana di Settefinestre in Toscana e della Crypta Balbi a Roma e poi di dirigere molti scavi, terrestri e subacquei, in Italia e all’estero, occupandomi in particolare di archeologia dei paesaggi e scegliendo di studiare un momento cruciale della storia, fino a tempi recenti alquanto sottovalutato: la fine del mondo antico e il passaggio al medioevo, un momento complesso, drammatico, di profondi e drammatici cambiamenti, per certi versi vicini a quelli che stiamo vivendo. Ad un giovane consiglerei di studiare, di lavorare duro ma soprattutto di fare le proprie scelte con passione. Da anni l’Università italiana vive un momento di grande difficoltà, ma ci sono anche notevoli opportunità per chi voglia studiare archeologia e mi auguro che a breve si riaprano maggiormente le possibilità occupazionali. Siamo molto impegnati in questo campo anche con le riforme in atto nel settore dei beni culturali. Sento una sorta di dovere etico nei confronti dei giovani, perché abbiano almeno le stesse opportunità che ho avuto io molti anni fa.

Negli ultimi anni si è prestata maggiore attenzione verso tematiche e obiettivi di valorizzazione del patrimonio artistico e culturale. Perché è tanto importante promuovere questo aspetto? Pensa che sia siano fatti dei progressi in questo senso?

Da alcuni anni è in atto una riforma radicale (direi anzi una vera e propria rivoluzione) che sta cercando di modificare il concetto stesso di patrimonio culturale, in linea con i principi della Convenzione europea sul valore del patrimonio culturale (Faro 2005), che spero sia finalmente ratificata dal nostro Parlamento. Una tutela meno legata solo ai divieti e ai vincoli (pur sempre necessari) e più attiva e progettuale, e soprattutto più contestuale (ecco il perché delle soprintendenze uniche a base territoriale al posto delle precedenti soprintendenza settoriali). Una maggiore attenzione alla valorizzazione, insieme alla tutela: noi tutti conserviamo con cura solo le cose cui attribuiamo un valore (non solo venale, ma anche affettivo, perché si tratta di un ricordo, è qualcosa di caro, di prezioso per noi), cose che consideriamo ‘utili’; quelle cose per noi senza valore le gettiamo via, nella spazzatura o al massimo le releghiamo in soffitta; così intendo il concetto di valorizzazione, da alcuni spregiativamente confusa con la mercificazione. Ecco perché la rivoluzione dei musei, con l’obiettivo di fare dei musei un vero ‘servizio pubblico essenziale’, capaci, cioè, di aprirsi a tutti, di includere, di essere vivi, di essere luoghi di studio e di educazione ma anche di piacere, di godimento, come è scritto nella legge del 2014. Se il patrimonio culturale riuscirà a favorire anche nuove forme di occupazione, di lavoro vero, di economia sana, pulita, colta, sostenibile, sarà un successo per il nostro Paese. Ed è anche grazie al suo patrimonio culturale che l’Italia potrà svolgere anche un ruolo in Europa e nel mondo.

Ovviamente, come nel caso di ogni riforma radicale, ci sono errori (da riconoscere e da correggere), cose da migliorare e si sono registrate anche molte opposizioni e resistenze, non solo da parte di chi difende privilegi e rendite di posizioni ma anche di chi ha legittime idee diverse. Sarebbero necessari un maggior ascolto reciproco, un maggiore rispetto delle idee diverse, ma soprattutto il coraggio di accettare la sfida del cambiamento.

Patrimonio culturale. Una storia, 1000 per raccontarla è il tema della prossima edizione del Festival. Che cosa si può fare, secondo lei, per raccontare il settore culturale a nuovi, e in alcuni casi più giovani, pubblici?

La comunicazione culturale svolge una funzione determinante, centrale, preziosa, soprattutto in una fase di cambiamenti quale quella che stiamo vivendo. Troppo a lungo anche certa stampa ha avuto poco coraggio e si è appiattita ad una sorta di ‘pensiero unico’.

Se abbiamo l’obiettivo di porre al centro le persone, i cittadini, le comunità, i visitatori e se desideriamo consentire a ciascuno, con la propria sensibilità e il proprio punto di vista, di scoprire il valore del patrimonio culturale, allora dobbiamo consentire a tutti di appropriarsene, attraverso la conoscenza. E la conoscenza non è possibile senza un’adeguata comunicazione, oggi anche utilizzando le tecnologie, alle quali sono particolarmente sensibili i più giovani. Ritenere che l’unica forma di fruizione sia la contemplazione e arricciare il naso, sdegnati, per un selfie fatto davanti ad un’opera d’arte, un monumento o un paesaggio, o per una foto pubblicata su Instagram o Facebook significa assumere lo stesso atteggiamento di chi guardava con sospetto le lampadine al posto delle candele o la stampa a caratteri mobili rispetto ai manoscritti. Con una precisazione, però. Le tecnologie sono ormai irrinunciabili (nell’epoca degli smartphone tuttofare) ma sono solo uno strumento: ben più importante è il progetto culturale e comunicativo. Si può usare un semplice disegno ad acquerello o una ricostruzione informatizzata 3D, un plastico o un prodotto multimediale poco importa, ciò che conta è quello che si intende raccontare e le domande che si cerca di suscitare. Troppo spesso si fraintende l’uso delle strumentazioni ICT, dando più importanza (e risorse) alle macchine, peraltro rapidamente obsolete, che ai contenuti, con il rischio di sostituire il virtuale al documento reale, anziché porlo al suo servizio nel quadro di un complessivo progetto culturale. Insomma, c’è tanto lavoro per chi si occupa di giornalismo e comunicazione culturale per offrire un racconto storico.

Ci consiglia un libro?

Mi piace molto leggere, anche libri che poco hanno a che fare con lo studio (romanzi, gialli, racconti, saggi vari, ecc.) e avrei quindi tante letture da consigliare, ma in questa occasione suggerisco l’ultimo saggio di Andrea Carandini, La forza del contesto (Laterza), perché spiega in maniera efficace perché è necessario passare dal ‘testo’ al ‘contesto’, dal museo al paesaggio, dall’Italia considerata come un ‘museo diffuso’ all’Italia come il ‘contesto dei contesti’. Troppo a lungo ha prevalso un’attenzione esclusiva per il singolo monumento, o al massimo per antologie di monumenti, mentre serve finalmente passare allo studio, alla tutela e alla valorizzazione contestuale, che pongano al centro i paesaggi. I paesaggi sono la nostra vera carta d’identità, i paesaggi siamo noi. I paesaggi sono, infatti, opera non di una singola persona e meno che mai di un solo artista o ma sono il prodotto delle azioni millenarie delle comunità insediate in un territorio in rapporto all’ambiente. Dobbiamo imparare a cogliere e a raccontare questi sistemi complessi di relazioni. Perché, come scrive Carandini, «un volto non è mai la somma di capelli, fronte, orecchi, occhi, guance, naso, bocca, mento e collo, ma una loro speciale composizione, a parole non descrivibile ma che l’occhio in un lampo riconosce…».



2017-08-17 0

#BuonoaSapersi la rubrica del Festival per tenervi sempre aggiornati con le news più interessanti dal mondo della cultura, dell’arte e del patrimonio culturale.

 

Vinta la battaglia per le foto libere in archivi e biblioteche: la norma passa in Senato: È passata anche in Senato una norma sulle foto libere negli archivi e nelle biblioteche. Dopo la promulgazione della legge, chiunque potrà scattare liberamente fotografie all’interno di archivi e biblioteche per ragioni di studio e di ricerca. Verrà, quindi, eliminato il canone previsto per l’utilizzo di questi materiali, purché le finalità siano senza scopo di lucro. Anche questo, indirettamente, sarà un modo per valorizzare l’immenso patrimonio culturale italiano, fatto anche di documenti e libri di pregio, spesso ignorati dai non addetti ai lavori.

 

Google ha messo a punto un algoritmo che imita il lavoro dei fotografi. Ecco le immagini: Gli studi sull’intelligenza artificiale stanno facendo passi da gigante e le aziende della Silicon Valley sono in prima linea. Due ricercatori di Google hanno creato “un sistema per la creazione di contenuti artistici”, si chiama Creatism e il suo algoritmo è in grado di simulare il lavoro dei fotografi di paesaggio. Le prime fotografie sono state scattate usando Google Street View, con ottimi risultati, gradevoli, ma ancora lontani dallo sguardo e dalla tecnica di un fotografo professionista.

 

Name That Art: l’arte vista attraverso gli occhi dei più piccoli: In una serie di video divertentissimi, prodotta da Google Arts & Culture, l’arte viene spiegata dai bambini. Ai più piccoli è stato chiesto di commentare alcuni quadri di autori famosi. Il risultato è sorprendente e ci restituisce un punto di vista sincero e originale: quello di un bambino che cerca di capire la storia dell’arte.

 



2017-08-14 0

#GliamicidelFestival una rubrica per raccontare le personalità del Festival, i direttori, gli ospiti e i tantissimi amici che ci supportano e faranno parte della prossima edizione.

 

 

1) In RAI dal 1996, giornalista culturale e conduttore radiofonico, co-Direttore del Festival del giornalismo culturale. Qual è la storia di Giorgio Zanchini?

In poche parole, un itinerario incerto, ma che poi si è stabilizzato sul giornalismo radiofonico. Incerto perché all’inizio della mia vita professionale mi sono diviso tra la pratica forense – sono avvocato – la ricerca universitaria e il giornalismo. Poi ho vinto un concorso alla RAI e quel fatto ha diciamo così determinato il mio destino. Però le altre passioni restano.

2) Che cosa è cambiato negli ultimi anni nel mondo del giornalismo culturale e che cosa consiglia a un giovane che vuole intraprendere il suo stesso percorso professionale?

E’ cambiato moltissimo perché la Rete ha per cosi dire decostruito il campo giornalistico, portando disintermediazione e quindi indebolimento delle figure professionali. Che debbono oggi essere capaci di lavorare su diverse piattaforme e vari media. Quindi più che un consiglio è un invito alla consapevolezza: bisogna essere flessibili e introiettare l’idea che per molti anni si scriverà o lavorerà per varie testate.

3) Il Festival del giornalismo culturale è diventato un appuntamento annuale di riflessione e di confronto sui temi della cultura. Da quale esigenza è nata la voglia di raccontare con un Festival le nuove frontiere del giornalismo culturale?

Io credo che a muoverci sia stata soprattutto l’idea, la convinzione che mancasse un momento, uno spazio, un luogo dove si potesse riflettere su come i media si occupano di cultura. Ci sono festival su tutto, in Italia, mancava il nostro.

4) Ultima domanda: ci consiglia un libro? 

Vi consiglierei Il corpo del reato di Carlo Bonini, è un libro inchiesta sul caso Cucchi. Un ottimo strumento per imparare come si fa un’inchiesta, come si scava, come si approfondisce, scritto tra l’altro in modo molto efficace.



2017-08-02 0

#BuonoaSapersi la rubrica del Festival per tenervi sempre aggiornati con le news più interessanti dal mondo della cultura, dell’arte e del patrimonio culturale.

 

 

Smartify, lo Shazam delle opere d’arte: Finalmente è disponibile anche in Italia l’app gratuita, realizzata da una società londinese, che permette di scannerizzare e riconoscere un’opera d’arte, mostrando autore, titolo dell’opera ma anche tantissime informazioni. Smartify, che si installa facilmente su qualsiasi smartphone Android e iOS, potrebbe non solo semplificare la vita ai turisti curiosi che visitano un museo, ma avvicinare i più giovani all’arte con un approccio giocoso e stimolante. Al ricco database hanno già aderito importanti istituzioni museali come il Louvre di Parigi, il Rijksmuseum di Amsterdam e il Metropolitan museum di New York.

 

Thinking Machines. Una mostra al MoMA di New York racconta le origini dell’arte digitale: Il Museum of Modern Art (MoMA) di New York mette in mostra la computer art con Thinking Machines: Art and Design in the Computer Age, 1959–1989. “Macchine pensanti” in grado di creare opere d’arte non sono una novità, ma questa mostra guarda a un passato recente per raccontare come hardware e software abbiano cambiato il modo di fare arte e anche, in qualche modo, la sua percezione. Da novembre le opere di artisti come John Cage e Richard Hamilton saranno affiancate a quelle di grandi designer informatici.

 

Amit Sood, il capo di Arts & Culture di Google: «Digitalizzo l’arte per renderla cool»: Amit Sood lavora per Google ed è a capo del progetto Arts & Culture, la piattaforma che raccoglie online i capolavori digitalizzati con l’ ambizioso obiettivo di rendere l’arte dei musei accessibile a chiunque. Tra gli addetti ai lavori non mancano le critiche ma hanno già aderito all’iniziativa più di 1.400 musei in 70 Paesi (80 italiani). Amit Sood racconta al Sole 24 ore la nascita del progetto e le sue potenzialità. Da leggere!

 

L’iniziativa del MOMA di San Francisco. Manda un sms al museo e ricevi la foto di un’opera: Il Museo d’Arte Moderna di San Francisco (SFMOMA) si è inventato un modo originale e “intimo” per comunicare con i suoi visitatori. Jay Mollica, Creative Technologist del museo, racconta come tutto sia partito da una domanda: «In un mondo sommerso dalle informazioni, ci siamo chiesti: in che modo possiamo creare delle connessioni personali tra i diversi tipi di persone e le opere in collezione?». Con gli SMS! I messaggi di testo connettono gli utenti direttamente al museo e li coinvolgono con contenuti sempre nuovi e stimolanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 



2017-07-31 0

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1) Direttore dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino, Professore ordinario di Sociologia della comunicazione e co-Direttore del Festival del giornalismo culturale. Qual è la storia di Lella Mazzoli?

Nata a Urbino, ho studiato comunicazione. Curiosa verso tutto ciò che ho attorno, con un atteggiamento critico e talvolta ribelle. Per questo ho trovato proprio nell’università il mio habitat naturale, dove poter ricevere continui stimoli per crescere e formarmi, sia con la ricerca sia con l’insegnamento che permette a chi lavora nella accademia di essere sempre in contatto con i giovani. Dall’università non me ne sono più andata. Gli anni della formazione sono un investimento per il futuro, personale e per la propria professionalità. Sono anni indispensabili, perché una volta entrati nel mondo del lavoro c’è meno tempo. (Chi fa il mio mestiere è più fortunato perché forma e apprende con continuità).

Dirigo la Scuola di giornalismo di Urbino e anche lì abbiamo dato spazio ai giovani e alla loro crescita,e i praticanti della Scuola capiscono subito la necessità dell’apprendimento continuo, capiscono che il mondo del giornalismo è un settore (come tanti altri, d’altronde) che muta con grande rapidità. Bisogna “stare sul pezzo” guardinghi e professionali.

 

2) Il Festival del giornalismo culturale è diventato un appuntamento annuale di riflessione e di confronto sui temi della cultura. Che cosa vuole raccontare il Festival?

Il Festival nasce sin dalla sua prima edizione con l’idea di restituire una fotografia che mettesse in luce le trasformazioni, radicali, in atto nel mondo della cultura. Il titolo significativo della prima edizione (2013) si poneva proprio questo obiettivo, infatti il tema è stato “Dalla terza pagina al web” con l’obiettivo di raccontare questo passaggio, centrale per chi si occupa di informazione culturale. Dopo quella prima edizione, Giorgio Zanchini e io, abbiamo pensato che la cultura potesse essere raccontata attraverso un tema che rappresenta il nostro (dell’Italia) giacimento aureo: il patrimonio culturale. Abbiamo adottato, anche su questo argomento uno sguardo rivolto alle innovazioni e alle nuove tecnologie. Per questo la prossima edizione, la quinta, ha come titolo: “Il Patrimonio culturale. Una Storia, 1000 modi per raccontarla”. Obiettivo quello di sottolineare come la contemporaneità sia ricca di linguaggi tradizionali, innovativi, online, offline, etc

 

3) Da quale esigenza è nata la voglia di raccontare con un Festival le nuove frontiere del giornalismo culturale?

Oggi, le terze pagine dei quotidiani sono diventate pagine di cultura e spettacolo, o addirittura in qualche caso, di spettacolo e cultura. Un segnale molto forte che spinge verso la necessità di una riflessione profonda sul passaggio da cultura a culture. All’Università di Urbino con l’Osservatorio News-Italia monitoriamo annualmente come gli italiani immaginano la cultura del nostro Paese. In tanti in Italia identificano come cultura il settore del turismo o dell’enogastronomia; questo perché il concetto di cultura continua ad aprirsi verso definizioni sempre nuove. Da qui, la necessità di riflettere su come giornalisti, scienziati, scrittori e intermediari culturali possano raccontare un campo tanto ampio, in evoluzione e soprattutto con tanti differenti sviluppi, tanto da dover usare sempre più sovente il termine cultura da singolare a plurale.

 

4) Ultima domanda: ci consiglia un libro?

Il giovane Holden di J. D. Salinger. Un romanzo che ha segnato la mia adolescenza e che ancora rileggo con piacere. Mi ha incuriosita proprio perché il protagonista cercava fortemente la sua “strada”. Trovarla ma al contempo avere dubbi è quello che auguro a tutti.



2017-07-14 0

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La Gran Bretagna digitalizza l’arte pubblica. Per la prima volta al mondo ed entro il 2020: Il Regno Unito sarà il primo Paese a digitalizzare tutta la sua collezione di sculture pubbliche. Il progetto, della durata di tre anni, si svolgerà in collaborazione con la Public Monuments and Sculpture Association. «La Gran Bretagna vanta probabilmente la più grande collezione esistente di sculture, a detta dei responsabili di Art Uk; ma purtroppo, una parte significativa non è esposta. In questo modo, invece, la collezione sarà più facilmente accessibile.» il risultato del progetto, un catalogo digitale consultabile online.

 

L’algoritmo di una startup svela i musei italiani che comunicano meglio: Il MiBACT (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) ha commissionato uno strumento per monitorare la reputazione dei musei in rete. Travel Appeal (la start-up che se ne è occupata) ha analizzato 30 musei statali italiani tra i più importanti, per comprenderne il sentiment, ovvero la percezione che ne hanno i visitatori. Business Insider ha pubblicato la classifica dei migliori e dei peggiori!

 

Come l’ambiente influenza gli artisti. Tre casi di studio in un video del MoMA: L’opera degli artisti viene spesso influenzata dal contesto. Un video del MoMA di New York ci racconta come, anche la geografia, possa condizionare il lavoro creativo attraverso le storie di Van Gogh, Mondrian e Matta-Clark. Da non perdere!

 

Il Metropolitan di New York si allea con Internet Archive e mette online 140.000 opere d’arte: Sempre più musei stanno digitalizzando le proprie collezioni per condividere le opere con i visitatori e non solo! L’ultimo è il Met di New York che ha avviato una collaborazione con Internet Archive; che dal proprio sito internet dichiara: «La missione di Internet Archive è di aiutare a preservare questi artefatti e creare una biblioteca digitale su Internet per ricercatori, storici e studiosi.» Conservare la conoscenza per i posteri e in licenza Creative Commons!

 

Le storie di 9 autori per scoprire 3 musei con un’app: Arriva l’app che trasforma gli spazi dei musei in percorsi narrativi! È il risultato del progetto Luoghi viventi. Racconti d’autore per musei da vivere attivato da tre musei di importanza internazionale come il museo Egizio di Torino, il Musée des Beaux-Arts e Les Charmettes e la maison de Jean Jacques Rousseau a Chambéry. Tra le penne italiane e riscrivere i percorsi anche Niccolò Ammaniti e Roberto Saviano. L’app è già disponibile per iOS e Android, per un percorso museale non convenzionale!



2017-06-21 1

#BuonoaSapersi la rubrica del Festival per tenervi sempre aggiornati con le news più interessanti dal mondo della cultura, dell’arte e del patrimonio culturale.

 

 

Dal 19 al 25 giugno si svolge la quarta edizione di #MuseumWeek: «Per una settimana i luoghi della cultura diventano protagonisti dei social e sono invitati a promuovere le proprie collezioni creativamente, interagendo con il pubblico» e proponendo contenuti di ogni tipo. Una bellissima iniziativa che quest’anno si tinge di rosa con il tema “Donne e cultura”. Ricordatevi di tenere d’occhio i profili dei musei e non dimenticate di usare l’hashtag #WomenMW!

 

Quando l’intelligenza artificiale produce opere d’arte: «Se fino a qualche anno fa le applicazioni creative dell’intelligenza artificiale erano solo una promessa, relegata a piccoli progetti sperimentali, oggi non è più così. Robot, software e altre creature androidi stanno diventando sempre più brave a comporre musica, poesia o a realizzare opere d’arte.» Questi i progetti più innovativi presentati all’ultima edizione di Sonar+D di Barcellona, tra gli eventi più importanti in Europa sulla cultura digitale.

 

Google svela la moda nascosta nei magazzini dei grandi musei: «La nuova piattaforma di Google realizza i desideri di tutti i direttori dei musei: mostrare al pubblico la maggior parte dei pezzi delle proprie collezioni. Compresi quelli non esposti, che sono il 70% del totale». Si chiama “We Wear Culture” e permette di scoprire le collezioni di moda nascoste ai visitatori: curiosi? Provate a fare un giro sulla piattaforma: We Wear Culture!

 

A Roma si racconta il gesto dell’atleta nell’arte, nel nome di De Coubertin: Arte e sport: binomio impossibile? Non sempre! A Roma una mostra celebra il legame tra questi due settori spesso considerati incompatibili. «Il nostro intento è mettere in evidenza l’importanza dello sport in quanto cultura; il suo valore formativo, per l’individuo e per la collettività.» Proprio come sosteneva Pierre de Coubertin barone di fine Ottocento nonché fondatore dei giochi olimpici. Me affrettatevi: la mostra sarà visibile soltanto fino al 30 giugno!