8° EDIZIONE FESTIVAL DEL GIORNALISMO CULTURALE

SCIENZA, CULTURA
Passato, presente.
Lentezza, velocità.

Ottobre 2020


2016-10-18 0

L’ultima giornata del Festival si apre con una tavola rotonda sul rapporto tra cultura, nuove tecnologie e innovazione. Un discorso obbligato per chi vuole costruire una narrazione contemporanea ed efficace sul nostro immenso patrimonio culturale.

 

Cosa si intende per “innovazione culturale”? Se l’innovazione e le nuove tecnologie guardano al progresso, il settore culturale più legato alla tradizione si caratterizza (soprattutto in Italia dove il patrimonio storico è così esteso) per posizioni più conservatrici. Un tipo di cultura a volte polverosa ed elitaria, sicuramente meno accessibile. Ma se, a una prima occhiata, cultura e tecnologia sembrano figlie di due visioni, e di due settori disciplinari così distanti (quello umanistico e quello scientifico); a un occhio più attento questa distanza può diventare un punto di forza nella collaborazione per salvaguardare il patrimonio esistente, per promuoverlo e avvicinarlo alle nuove generazioni. È così che nascono nuovi settori di ricerca e sperimentazione che uniscono le arti alle potenzialità delle nuove tecnologie.

 

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Dalla ricerca dell’Osservatorio News-Italia è emerso che il 25% degli italiani regge quasi tutto il peso dei consumi e della partecipazione culturale. Troppo poco. Come ribaltare questi dati? Secondo i nostri ospiti è necessario abbandonare una certa idea di cultura che spesso caratterizza i luoghi adibiti alla promozione culturale. E la tecnologia può svolgere un ruolo centrale in questo processo.

 

Giacomo Scarpellini – game designer per Urkin – ci ha mostrato le potenzialità che la Realtà Aumentata può apportare alla discussione, in particolare nella valorizzazione dei siti museali: «La Realtà Aumentata ci permette di passare da una funziona passiva della tecnologia a una funzione attiva. E attraverso un’impostazione ludica di intrattenimento possiamo riscoprire il piacere di andare a trovare i contenuti.»

 

Un altro dei temi emersi più volte nel corso di questi giorni è proprio la Gamification, l’applicazione delle dinamiche tipiche del gioco e del game design in contesti esterni al gioco. L’esperienza ludica potrebbe essere un modo per avvicinare le nuove generazioni. Parole chiave: coinvolgimento esperienziale. Ne aveva parlato anche Massimo Russo a proposito dei musei: «Il museo del XXI secolo – ha dichiarato per l’IFG – è quello che mette in discussione la stessa idea di museo. Che fa un uso della tecnologia ma soprattutto un uso della cultura, diverso. Un museo aperto che sa coinvolgere le famiglie e i ragazzi.» Anche in Italia abbiamo casi virtuosi che fanno dell’innovazione culturale la propria bandiera, come il Museo Egizio di Torino.

 

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Nel corso della giornata si è parlato del ruolo imprescindibile dei Social Media. E si è parlato anche di Big Data: «Non possiamo più basare il successo di un museo soltanto sul numero dei visitatori – affermava Luca De Biase nell’intervento di sabato – grazie ai Big Data possiamo recuperare tantissime informazioni utili e servirci degli analytics per una promozione più efficace».

 

Realtà Aumentata, Gamification, Social Media, Big Data, i modi per utilizzare la tecnologia in modo produttivo sono tanti, ma non dobbiamo dimenticare il valore della mediazione umana. Ne ha parlato Gaspare Polizzi (dal Corriere della Sera): «Siamo entrati nella società della conoscenza, dove tutti sono connessi con tutti. Ma la vera rivoluzione risiede nel rapporto tra conoscenza e connessione.» Oggi i Big Data possono rivelare gran parte delle nostre vite e conoscerci meglio dei nostri amici e familiari. Ma dobbiamo stare attenti a delegare tutto questo potere agli algoritmi. Gli algoritmi non sono neutrali. «Abbiamo e avremo sempre bisogno di mediatori.»

 

Una giornata ricca di spunti di riflessione che ha chiuso la quarta edizione del Festival del Giornalismo Culturale. Un grazie a tutti gli ospiti e ai partecipanti, arrivederci al prossimo anno!

 

(Foto di MATTEO MARINI @mariniteo)

FRANCESCA CARABINI @maybenotinwords



2016-10-17 0

Il desiderio di vivere ascoltando e raccontando storie, i viaggi per il mondo con Moravia e Pasolini, i ricordi del mare “perduto” della sua Sicilia, la globalizzazione e i dipinti della madre. Sono da poco passate le tre di sabato pomeriggio quando Dacia Maraini sale sul palco del Festival del Giornalismo Culturale. L’applauso che si leva spontaneo dal pubblico è di quelli dedicati ai grandi personaggi: la scrittrice risponde con un umile inchino. Inchino che sarà costretta a ripetere più volte un’ora più tardi, quando i battiti di mano diventano ovazioni e continuano per più di un minuto.

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In mezzo, il racconto di storie, ricordi e aneddoti, di pensieri sulla modernità espressi con il dono di un linguaggio semplice, che sorprende senza cadere nel banale. Da prima parlando del suo amore per la scrittura, un’arte che “ti costringe a metterti in gioco, senza nascondere le vulnerabilità”. Un pensiero va ai suoi personaggi, sempre un passo avanti a lei, al punto da averla condotta più volte nella scrittura dei suoi libri, senza sapere dove sarebbero terminate le loro storie.

L’intervista del direttore del Festival Giorgio Zanchini verte poi sul tema del viaggio. “Viaggiare è pericoloso, si corre il rischio psicologico di mettersi in discussione”, ricorda Dacia, dedicando appassionati ricordi alle avventure con Moravia e Pasolini, all’amore platonico tra questo ultimo e Maria Callas, ad un Africa misteriosa e affascinante, ma diversa perché non ancora investita dalla globalizzazione. “Al tempo, in quei paesi c’era un gran rispetto tra credi e religioni diverse. Che cosa è successo? Non sono riuscita ancora a capirlo. Non dobbiamo però aver paura di affermare i nostri valori, contro le barbarie di un Islam radicale che credo abbia perso il controllo. Ribadire con forza che i nostri valori non sono solo occidentali, ma universali diritti dell’uomo”.

Un pensiero viene dedicato al mare, quel mare della Sicilia dove Dacia Maraini ha vissuto la sua infanzia: “un mare che non mi piace più. La modernità ha distrutto il patrimonio naturale di quelle coste, mangiandosele per pure logiche di business e di mercato. La stessa cosa che vedo oggi accadere all’arte: ma l’arte non è un prodotto. L’artista non esegue un gesto per scopi di vendita o almeno non dovrebbe”.

La considerazione finale è invece sul tempo: “il tempo non esiste, è un’invenzione dell’essere umano. Abbiamo creato l’arte di dilatarlo, sezionarlo e dargli un significato”. E sui titoli di coda, trova spazio ancora una piccola postilla sui libri ed il leggere: “I libri non sono solo informativi, ma formativi, ci rendono migliori, sviluppano etica e immaginazione”.

Uno spartito capace di emozionare sempre come la prima volta, perché suonato con maestria da una grande interprete. Non ci rimane che applaudire.

 

Andrea Mularoni @AndreaMularoni



2016-10-17 0

Sabato mattina dedicata ai ragazzi. Al teatro della Fortuna di Fano abbiamo avuto l’opportunità di dialogare con i più giovani, probabilmente il pubblico più difficile da coinvolgere quando si parla di cultura e soprattutto quando lo si fa con un certo distacco e da una posizione sopraelevata. Dialogare con i giovani significa aprirsi a un diverso modo di guardare e di vivere il settore culturale. Lo ha mostrato Massimo Osanna proprio ieri nella sua Lectio Magistralis sul grande progetto comunicativo realizzato per il sito archeologico di Pompei. E lo hanno ribadito Giuliano Volpe e Piero Dorfles ieri mattina davanti ai ragazzi delle scuole superiori: «in italiano utilizziamo la locuzione “pezzo da museo” per indicare qualcosa che non serve più a niente. Dobbiamo riuscire a ribaltare questa idea.» Ha affermato il Presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici del MiBACT. Parola d’ordine: mediazione.

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La mattinata di sabato comincia con queste premesse. Premiati gli articoli di Perla Bandini e Cecilia Mussi nel concorso dedicato ai ragazzi delle scuole superiori e ai giovani giornalisti. A seguire la “sfida all’ultima pagina” sui Monuments Men, il quiz a squadre rivolto alle classi superiori e moderato da Piero Dorfles. Trionfa l’Istituto Raffaello di Urbino.

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«Chi si occupa di informazione culturale dovrebbe essere capace di distribuire entusiasmo.» Conclude Dorfles. Una mattinata dedicata ai più giovani nell’intento di riscoprire il piacere dell’intrattenimento culturale attraverso delle forme più leggere come l’esperienza ludica.

 

FRANCESCA CARABINI @maybenotinwords



2016-10-17 0

Nella Sala Verdi del Teatro della Fortuna di Fano, sabato 15 ottobre, poco dopo l’attesa intervista di Giorgio Zanchini a Dacia Maraini, è salito sul palco Stefano Bartezzaghi. Giornalista e scrittore, si fa già notare per la sua tesi di laurea in semiotica al DAMS di Bologna con relatore Umberto Eco.

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Proprio al suo maestro ha dedicato l’intervento Memoria e patrimonio culturale a partire dalla Biblioteca di Umberto Eco. Innanzitutto Bartezzaghi ha ricordato al pubblico che Eco, prima di essere scrittore, era un semiologo. Ci sono parecchi equivoci sul Professore. Qualche mese prima della sua morte, Eco generò parecchie polemiche dichiarando che i social media danno diritto di parola a “legioni di imbecilli”. Ma non era affatto contro la tecnologia, anzi fu uno dei primi ad usare il computer e diede vita anche a un web-magazine, Il Golem.

La biblioteca di Umberto Eco è diventata un mito (si dice contenga circa 30.000 volumi distribuiti in tre case diverse). Anche il suo romanzo più famoso, Il nome del rosa, ruota attorno a una misteriosa biblioteca, custodita da un frate cieco. Quando cominciò a scriverlo, Eco, si rese conto che avrebbe dovuto confrontarsi con la biblioteca di un altro illustre non vedente: il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges.

Il regista Davide Ferrario ha girato nel 2015 un documentario in tre parti su Umberto Eco. Vale la pena vederlo per provare a capire cosa può significare a livello conoscitivo perdersi in un labirinto di libri.

Paolo Musano – @paolomusano



2016-10-15 0

La seconda giornata del Festival del Giornalismo Culturale di Urbino è stata aperta della lectio magistralis di Massimo Osanna, Direttore Generale della Soprintendenza di Pompei dal 2016.

Poco dopo, Vincenzo Trione, nel Salone del Trono del Palazzo Ducale di Urbino, ha presentato la sua ricerca sui micro-musei italiani. Ciò che ha mosso il suo gruppo di lavoro è stata la volontà di rappresentare l’altra faccia, spesso nascosta, del patrimonio culturale italiano. Ma a cosa ci riferiamo quando parliamo di micro-musei? Nella sua ricerca Trione ha considerato micro-musei quelle strutture presenti sul territorio nazionale che: non sono state comprese dal MiBACT tra i super-musei e ricadono fuori dai circuiti ufficiali e di massa.

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La mappatura di Vincenzo Trione ha diviso i micro-musei pubblici nelle seguenti tipologie: d’arte, archeologia, arte antica, arte moderna, arte contemporanea, design, archeologia, etnografici ed antropologici. Inoltre sono stati intercettati anche i micro-musei d’impresa e i micro-musei domestici.

Lella Mazzoli, invece, ha illustrato i dati emersi dalla ricerca Informazione e patrimonio culturale. Come si informano gli italiani, realizzata dall’Osservatorio News-Italia e dal LaRiCA dell’Università di Urbino. Tra i principali risultati si segnalano: la televisione che precede ancora internet nell’informazione culturale, la fruizione digitale dei contenuti che ormai è sempre più mobile la maggior parte degli intervistati italiani che vorrebbe più cultura sia in televisione che online.

(Foto di Matteo Marini)

Paolo Musano@paolomusano



2016-10-15 0

Nella sua lectio magistralis Massimo Osanna ci ha raccontato una Pompei diversa da quella che conosciamo, un sito archeologico storico ma anche un luogo vivo e attento al contemporaneo. Tante le collaborazioni e le iniziative intraprese e soprattutto una grande attenzione alla comunicazione: «attraverso alcune ricerche abbiamo scoperto che il 50% di coloro che arrivano a Pompei si informano attraverso Internet. Oggi è diventato sempre più urgente saper comunicare il proprio patrimonio artistico e culturale attraverso gli strumenti più adatti.» Per questo nei prossimi mesi apriranno un nuovo sito web e presto installeranno una rete wi-fi in loco.

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Tanti i progetti di cui parla il sovraintendente agli scavi, dalla realizzazione di un percorso per disabili lungo 3 km all’interno del sito archeologico; all’allestimento di mostre fotografiche come la più recente “Pink Floyd: live at Pompei”, dedicata al film documentario della celebre rock band.

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Una Pompei che entra nella contemporaneità per trovare e raggiungere anche i più giovani. Una delle strategie di comunicazione del nuovo progetto riguarda proprio i social media: «abbiamo capito l’importanza che questi strumenti rivestono al giorno d’oggi e abbiamo deciso di investire in professionalità per raccontare il lavoro di tutti i giorni all’interno del sito sulle principali piattaforme. Facebook ci permette di utilizzare un tono più accessibile senza dover rinunciare ai contenuti. Lavoriamo molto anche su Instagram, e spesso troviamo degli spunti interessanti dagli stessi utenti.» Un grande lavoro di restyling e un esempio concreto di mediazione culturale.

 

Un consiglio? Seguite i profili del sito archeologico!

 

(Foto di MATTEO MARINI @mariniteo)

FRANCESCA CARABINI @maybenotinwords

 



2016-10-15 0

“Dare spazio a nuove forme di espressione culturale, che sappiano coinvolgere anche i più giovani. La cultura deve iniziare ad adottare un linguaggio meno accademico: questo è il percorso che ha cercato di intraprendere ‘La Lettura’ in questi ultimi anni. Un giornale che vive della collaborazioni di più di 2000 ragazzi, disegnatori e giornalisti, saggisti e traduttori, designer e illustratori”.

 

Con queste parole il direttore Antonio Troiano e il responsabile grafico Gianluigi Colin hanno inaugurato ieri sera la mostra “La Lettura: Cento+Cento”, all’interno della Sala del Castellare del Palazzo Ducale di Urbino. Duecento grandi firme per duecento copertine, un vero e proprio manuale d’arte contemporanea, firmato da maestri come Willam Kentridge e Anselm Kiefer, Michelangelo Pistoletto, Carla Accardi, Jan Fabre, Bernardo Siciliano.Un mondo tutto di carta, ma che non dimentica il cuore: perché se c’è qualcosa che non manca in nessuna di queste duecento copertine è appunto la capacità di emozionare.

Ad aprire la mostra, una speciale installazione realizzata dall’Accademia delle Belle Arti di Urbino, conferma di uno degli obiettivi del Festival del Giornalismo Culturale: tematizzare i nuovi modi in cui gli italiani fruiscono del patrimonio che li circonda.

La mostra resterà nella “città ideale” fino al 23 ottobre. Per chi non potesse recarsi al Palazzo Ducale in questi giorni, qui sotto proponiamo un piccolo estratto video.

 

Andrea Mularoni @AndreaMularoni



2016-10-14 0

Un’anterpima ma anche un ottimo punto di partenza per una riflessione approfondita sul linguaggio culturale odierno. Gli ospiti, di grande prestigio, hanno dato un assaggio di quello che potremo vedere nei prossimi giorni.

 

Una sala piena ha accolto “L’Italia nascosta” di Carlo Vulpio, in dialogo con Vittorio Sgarbi. Il libro, pubblicato da Skira, è un viaggio alla scoperta dei luoghi più belli e meno conosciuti della nostra penisola. «Attraverso queste opere ho cercato di raccontare chi siamo. – Spiega Vulpio – “L’Italia nascosta” non è una guida, né un libro di storia dell’arte, ma chi lo legge potrà trovare cose che lo rappresentano». Il 60% del patrimonio artistico mondiale è italiano, spiega, ma spesso gli italiani sono i primi a rifugiarsi nelle opere più conosciute. La città di Sanremo ne è un esempio, famosa soltanto per il Festival; così come la stessa Urbino, poco popolare, ospita una delle corti rinascimentali più belle d’Italia.

 

Diventa sempre più urgente costruire una narrazione culturale efficace, dice il giornalista: e quindi come raccontare la cultura, l’arte e la bellezza? «Con umiltà», risponde Vulpio, «l’umiltà del curioso e di chi non ha paura di rimettersi a studiare».

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Amedeo Quondam, ha affrontato la questione da un punto di vista diverso, quello della letteratura; raccontando il “suo” Cortegiano nato a Urbino 500 anni fa, proprio quando prendeva vita il polo Universitario. Un’occasione unica per parlare di cultura e di mediazione.

 

Quondam ci proietta in un’epoca storica lontana con la grazia e la passione del grande studioso, con un occhio puntato verso il passato all’epoca di Baldassarre Castiglione, e l’altro vigile e attento ai cambiamenti del presente.

 

Una bellissima lectio e un grande esempio di mediazione culturale. «Quando nasceva Castiglione i libri stampati erano ancora una novità, un po’ come gli ebook per noi. Castiglione era un nativo tipografico, – scherza il professore – e forse non è un caso che nella giornata in cui è morto Dario Fo, viene assegnato il Nobel per la letteratura a Bob Dylan.» Guardare agli esempi del passato per comprendere meglio il presente, è questo il suo messaggio, perché, come ribadisce Lella Mazzoli, avremo sempre bisogno di una mediazione culturale umana.

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Per concludere l’incontro, lo scribing in diretta dei ragazzi dell’ISIA.

 

(Foto di MATTEO MARINI @mariniteo)

FRANCESCA CARABINI @maybenotinwords



2016-10-12 0

La giuria del Concorso del Festival 2016 ha decretato vincitore della sezione studenti delle scuole superiori:

Perla Bandini

per il Liceo T. Mamiani di Pesaro indirizzo linguistico, con l’articolo “Una visita al monastero di Sant’Antonio in Polesine a Ferrara”.

La premiazione si terrà sabato 15 ottobre alle ore 10 al Teatro della Fortuna di Fano.
Per l’assegnazione del premio è vincolante la presenza del vincitore.